RICERCA – Inclusione “20.20”, gli effetti del lockdown sugli alunni più fragili

Il Covid-19 ha imposto cambiamenti alla società e ai singoli individui. Uno dei settori che ha dovuto adattarvisi con maggiore velocità è quello scolastico. E oltre agli insegnanti, ad essere stati messi a dura prova sono stati anche gli alunni, in particolare quelli più fragili.

Il Centro Studi e Ricerche sulla Disabilità e la Marginalità (CeDisMa) dell’Università Cattolica, ha realizzato la ricerca “FocuScuola. Inclusione 20.20”, con lo scopo di esplorare lo stato dell’arte dei processi inclusivi al rientro in presenza dopo il primo periodo di lockdown.
Ringraziamo di cuore le migliaia di insegnanti, educatori e dirigenti scolastici che hanno risposto con passione all’indagine loro proposta.

Il gruppo di ricerca è stato coordinato dal Prof. Luigi d’Alonzo, direttore del CeDisMa, ed ha visto la partecipazione dei Prof.ri Elena Zanfroni, Silvia Maggiolini, Gianni Zampieri e Roberta Sala.

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La principale spia della gravità della situazione epidemiologica che l’Italia si è ritrovata a fronteggiare a marzo, accanto alla chiusura delle attività non essenziali, è stata certamente la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado.
Perché la scuola è, di fatto, un’attività essenziale che la tanto chiacchierata DaD, per quanto inevitabile, non potrà mai sostituire. Non potrà farlo soprattutto per la formazione di bambini e ragazzi disabili e con bisogni educativi speciali, per i quali approccio e stimoli forniti da figure specializzate nell’ambito dell’educazione sono fondamentali per preservare i progressi faticosamente ottenuti.
Il Centro CeDisMa – Centro Studi e Ricerche sulla Disabilità e la Marginalità dell’Università Cattolica del Sacro Cuore ha promosso la ricerca “Focus inclusione 20.20”, al fine di comprendere quali siano stati gli approcci più funzionali, in questo periodo così complesso, all’inclusione di alunni con bisogni educativi speciali. Ne abbiamo parlato con il Direttore, Prof. Luigi d’Alonzo, ordinario di Pedagogia Speciale presso l’Università Cattolica.

Il dilagare dell’epidemia da Covid-19 è stato un fulmine a ciel sereno per tutti. Su quali aspetti della vita delle persone affette da disabilità ha inciso in maniera più drammatica?
«Certamente l’impatto maggiore l’ha avuto su bambini e ragazzi in età scolare che vivono una condizione di disabilità o di disturbo, e che hanno corso il rischio reale – non certo “virtuale” – di rimanere completamente esclusi per un sistema di gestione della didattica che ha rivelato non pochi limiti.
La stessa difficoltà è stata affrontata da giovani e adulti, per i quali è venuta meno la possibilità di frequentare centri o servizi educativi che rivestono un ruolo cruciale nella realizzazione di un autentico progetto di vita.
Non ultime, infine, le stesse famiglie coinvolte, che si sono trovate ad essere spesso gli unici caregiver sui quali hanno gravato compiti e responsabilità educative e di cura».

Un vuoto educativo non trascurabile, insomma, al quale i docenti hanno provato a far fronte lavorando su svariati ambiti. «Da una prima analisi delle risposte al questionario della ricerca “Focus inclusione20.20” – racconta il Prof. D’Alonzo –, è emersa l’importanza di un’adeguata progettazione di attività di accoglienza, la necessità di rilevare possibili nuovi bisogni emergenti da parte di ragazzi con bisogni educativi speciali, ma anche dei loro compagni; o ancora, l’importanza di continuare a garantire obiettivi fondamentali sul piano dell’inclusione di tutti e di ciascun alunno.
L’idea di inclusione all’interno del contesto classe, oltretutto, è stata sottolineata anche dal DPCM dello scorso 5 novembre, che incoraggia un’attiva collaborazione da parte di dirigenti, docenti e famiglie, per favorire “la frequenza dell’alunno con disabilità, in coerenza col PEI, nell’ambito del coinvolgimento anche, ove possibile, di un gruppo di allievi della classe”», al fine di evitare una sensazione di isolamento ancora maggiore per gli alunni, che si sentirebbero ancora più spaesati se ritornassero in uno dei luoghi per loro più stimolanti ma orfani dell’elemento più familiare: i propri compagni.
La scuola è uno degli ambiti più dinamici della nostra società e «la formazione di docenti, educatori e personale scolastico da sempre riveste un ruolo fondamentale per arricchire costantemente il proprio bagaglio di competenze, utili a rispondere alle tante trasformazioni che tale contesto ha vissuto».
Alla luce di una sfida ardua quanto quella nella quale siamo stati così repentinamente catapultati, il dibattito in merito ad un argomento così delicato e la necessità di soluzioni si fa certamente più incalzante: «urge incrementare nella formazione degli insegnanti le competenze pedagogiche speciali, quelle in grado di favorire la comprensione dei problemi e la soddisfazione dei bisogni degli allievi fragili, per dar vita ad una seria riflessione che, si spera, guardi anche ad un futuro meno immediato».